Bartolommeo Capasso (Napoli, 22 febbraio 1815 – Napoli, 3 marzo 1900) è stato uno storico e archivista italiano.
Figlio di genitori originari di Frattamaggiore[1] nacque a Napoli il 22 febbraio 1815 nella casa paterna al supportico dei Caiolari, presso la strada dei Costanzi (odierna via Giuseppe Marotta), nel quartiere Porto. Rimasto orfano del padre, Francesco, un agiato commerciante, nel 1824 Bartolommeo si iscrisse al seminario di Napoli, dove cominciò i suoi studi, per trasferirsi, due anni più tardi, nel seminario di Sorrento. Frequentò la scuola di Domenico Aulisio, futuro letterato e giurista.
Concluse in modo brillante la sua carriera universitaria in giurisprudenza a Napoli, dove il filosofo Giambattista Vico lasciò il segno della sua centralità culturale, e dove tenne una profonda e feconda amicizia con Pietro Giannone, e con Gian Vincenzo Gravina.
Nel 1844, anno del matrimonio con Agata Panzetta, collaborò a Napoli con Carlo Troya alla fondazione della Società napoletana di storia patria. Dopo aver dato alle stampe i suoi primi lavori di erudizione (vedi "Scritti principali"), nel 1856 divenne socio della prestigiosa Accademia Pontaniana, di cui sarà presidente. L'anno successivo entrò anche nell'Accademia Ercolanese, sulle cui ceneri sorse la Società reale di archeologia, letteratura e belle arti, della quale Capasso fu lungamente presidente.
Nel 1876 fondò, assieme ad alcuni studiosi, quali Camillo Minieri Riccio e Giuseppe de Blasiis, la Società napoletana di storia patria, ente che presiedette, ininterrottamente, dal 1883 sino alla morte. Dal 1882 fu Direttore soprintendente dell'Archivio di Stato di Napoli.
Nel 1886 ricevette la laurea honoris causa dall'Università di Heidelberg. Nel 1887 fu nominato socio nazionale dell'Accademia Nazionale dei Lincei.
Tra le altre onorificenze concesse al Capasso vanno ricordate le nomine di Commendatore dell'Ordine della Corona d'Italia nel 1877 e Commendatore dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro nel 1899 e, nello stesso anno, la medaglia d'oro per benemerenze patrie dal Comune di Napoli.
A lui si deve un «magistrale riordinamento della Cancelleria angioina, prezioso per i lavori di ricostruzione che sono stati avviati da Filangieri (I Registri, 1950) nel dopoguerra»