Paolo Spriano (Torino, 30 novembre 1925 – Roma, 26 settembre 1988) è stato uno storico e saggista italiano.
Partigiano combattente nella Resistenza italiana, aderì al movimento Giustizia e Libertà e fu colonnello nella guerra di liberazione. Nel dopoguerra collaborò con il quotidiano l'Unità e nel 1946 s'iscrisse al Partito Comunista Italiano, nel cui Comitato centrale entrò al termine del XIII congresso. Nel 1956 fu contrario alla repressione della rivoluzione in Ungheria da parte dell'Unione Sovietica.
Tutta la sua produzione storiografica è incentrata in momenti e figure del movimento operaio italiano e internazionale[2], dalla Storia di Torino operaia e socialista (1965) ai cinque volumi della Storia del Partito Comunista Italiano (1967-1975), certamente la sua opera più celebre: nel monumentale testo, rifuggendo dai toni giustificazionisti, Spriano affrontò luci e ombre della storia dei comunisti italiani, basandosi sulle dirette fonti d'archivio.
Le altre opere di Spriano che ebbero risonanza nazionale furono: Gramsci e Gobetti; I comunisti europei e Stalin; L'occupazione delle fabbriche e Le passioni di un decennio: 1946-1956, l'ultimo suo lavoro, uscito nel 1986.
Negli ultimi anni della sua vita fu professore ordinario di Storia dei partiti politici all'Università La Sapienza di Roma.
Per Massimo D'Alema, «la morte improvvisa ha spezzato il filo del suo lavoro. Sono rimaste le carte sul suo tavolo, gli appunti, le prime note». Stava esaminando i documenti passatigli da Gorbaciov per dimostrare l'interessamento sovietico per la liberazione di Gramsci dalle carceri fasciste.
I libri della sua biblioteca privata sono stati donati dalla famiglia alla Fondazione Gramsci di Roma.