Il recupero della poesia di Lalla Vicoli Nada (1883-1978) ci riporta al clima del primo Novecento, a quella dimensione crepuscolare molto più diffusa di quanto si creda avendo in mente i centri canonici di quel movimento, dalla Roma di Corazzini alla Torino di Gozzano. In tutta Italia, invece, specialmente in provincia, era in atto un po' ovunque l'assordante rivoluzione silenziosa di una poesia con i suoi collegamenti simbolisti e le aperture europee, mentre la parola poetica si trasformava in uno strumento per cantare il disagio dell'uomo contemporaneo. Lalla Nada, che viveva a Morrovalle nelle Marche, a pochi chilometri da Recanati, scrive versi i cui temi non si distaccano da quelli comuni ai poeti di quella condizione.

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Non esiste una produzione poetica crepuscolare legata solo all’ambiente romano con Sergio Corazzini o a quello torinese con Guido Gozzano. Il Crepuscolarismo è una dimensione nuova che attraversa tanta poesia di inizio 1900 e che tocca molta parte della penisola.

I Crepuscolari segnano la fine di una poesia solare, quella del 1800 e delineano i contorni di una nuova poesia. Non si cantano più i sentimenti a voce alta, ma si preferiscono i toni bassi. I temi della poesia crepuscolare sono quelli legati alla vita quotidiana: le giornate tristi ed uggiose trascorse dietro i vetri della finestra a guardare il mondo di fuori, il tempo che scorre inesorabilmente, le ricamatrici che lavorano nella solitudine della propria cameretta, le suorine che attraversano le strade in modo frettoloso per recarsi a messa, gli eventi tristi e lieti che attraversano la quotidianità di ogni persona a qualsiasi classe sociale appartenga.

La produzione poetica di Lalla Vicoli Nada, raccolta in una pubblicazione del 1905 con una lettera presentazione di Gabriele D’Annunzio, è conosciuta solo da pochi: “Signorina Rechilde,/ soave maestra di scuola,/ possedevate il segreto/ di rendere l’alfabeto/ più facile ai nostri marmocchi/ narrando loro una fola./ Li guardavate con gli occhi/ natanti in tanta dolcezza/ da renderli un poco bovini./ Ero anch’io fra i bambini,/ più alta di loro, ma poco,/ e vi chiedevo per gioco,/ sempre la vostra età./ Mi sembravate già vecchia./ li contavate vent’anni?/ Sono gli scherzi, gli inganni/ di chi solo cinque ne ha…”. La poesia, riportata nella monografia scritta da Mario Latini, “Il crepuscolarismo nella poesia di Lalla Vicoli Nada”, stampata dalla Digitech Srl di Recanati e pubblicata nel dicembre del 2014, richiama quella più nota di Guido Gozzano “Signorina Felicita”. Tante le poesie della raccolta “Versi” dedicate alla quotidianità. Una tra tante: “Crepuscolo grigio“: “Cade la pioggia, cade in un ritmo lento;/ piangono le vetrate/ piange il tetto, la gronda e tace il vento. // Scende la sera rapida, precoce./ Giunge a me lontano/ d’una campana la pregante voce.// Ne la casa di fronte un lume splende/ fra le imposte socchiuse;/ del cielo la tristezza in terra scende.// Per la via due fanciulle frettolose/ vanno sotto l’ombrello;/ una fioraia a lor offre le rose.// De la campana che a la prece invita/ niun risponde a la voce,/ niun prende fior. Così pur ne la vita// rose offriam da le tinte più gioconde, ma nessun si sofferma;/ spesso si chiama e niun a noi risponde! (Cfr. Lalla Vicoli Nada, Versi – Le canzoni dell’Aprile Velato – Le canzoni dei vent’anni).

Lalla Vicoli Nada, nata a Morrovalle il 28 dicembre del 1883 dal colonnello Carlo Achille Nada e da Bianca Gennari, morta a Morrovalle nel dicembre del 1978, sposò nel 1917 l’avvocato Vincenzo Vicoli, nato a Chieti nel 1866, una vita dedicata al giornale La Provincia di Chieti. Fu proprio il marito che introdusse Lalla Vicoli Nada negli ambienti culturali del tempo. Vincenzo Vicoli conosceva Edoardo Scarfoglio, nato a Paganica, Gabriele D’Annunzio, Basilio Cascella, Francesco Paolo Michetti, Matilde Serao, poeti, letterati, pittori che amavano riunirsi, dagli anni ottanta dell’Ottocento, in un cenacolo d’artisti di rilevanza nazionale nel convento di Santa Maria del Gesù di Francavilla al Mare, acquistato da Francesco Paolo Michetti, conosciuto anche oggi come Convento Michetti. Lalla, all’anagrafe Adelaide, soggiornò a lungo a Roma ed a Firenze, ma amava sempre ritornare a Morrovalle dove aveva la propria residenza nella casa paterna, il vecchio convento agostiniano, acquistato dal padre a seguito della confisca dei beni appartenenti alle Congregazioni Religiose, voluta da Napoleone Bonaparte nel 1808.

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Nel panorama letterario italiano ci sono figure di poeti, prosatori, romanzieri che hanno pubblicato opere, spesso destinate all’oblio totale, perché non hanno avuto la fortuna critica conquistata dai Grandi della letteratura italiana e sono, quindi, del tutto ignorati. In terra marchigiana, lontana dai clamori, è vissuta una poetessa e prosatrice che nessun testo letterario e nemmeno un’antologia della letteratura italiana riporta, ma che ha scritto poesie e novelle che si rifanno al realismo ed al crepuscolarismo. La “scoperta” di Adelaide Vicoli Nada, in arte Lalla (1884-1978) si deve ad un giovane studioso dell’Università di Perugia che, sul finire degli anni settanta, sentì per la prima volta parlare di Lalla Nada da due amici di origine marchigiana, Nazzareno Navisse e Giuseppe Ascani, che erano nativi di Morrovalle (MC), paese d’origine della Nada. Il nome di questa poetessa era accostato a quello di Vincenzo Vicoli, giornalista e direttore de “La Provincia”, il quale aveva avuto rapporti sia con Giuseppe Mezzanotte che con Gabriele d’Annunzio e che poi sarebbe diventato suo coniuge. Lo studioso dell’ateneo perugino, venuto a conoscenza della poetessa, è Gianni Oliva che ha intessuto una corrispondenza epistolare con la Vicoli-Nada. Grazie infatti al carteggio, finora inedito, posseduto dall’Oliva scopriamo la sensibilità umana e poetica della Nada, uno scambio di missive rispettose e garbate che testimoniano il sodalizio umano e letterario sorto tra i due protrattosi fino alla morte della Nada, avvenuta nel 1978. La figura della poetessa marchigiana ora rivive in un volume di Gianni Oliva, pubblicato dalla Carabba Editrice nella collana editoriale “Monete d’oro”, il quale partendo dalla scoperta casuale del libro di liriche intitolato Versi (1905), ne ripercorre un profilo biografico attraverso l’epistolario ed i testi poetici contenuti nella raccolta. Il libro, tuttavia, riporta anche la lettera dedicatoria di Gabriele d’Annunzio, che lo scrittore pescarese scrisse a Lalla su amichevole “invito” di Vincenzo Vicoli, all’epoca innamorato della poetessa marchigiana che le voleva fare una “sorpresa”. Insomma il Vicoli strappò dalla penna di d’Annunzio un giudizio sulla vena poetica della sua amata Lalla, che il celebre scrittore abruzzese formulò per “ricambiare” l’amicizia e il favore al Vicoli piuttosto che per avvalorare la dimensione versificatoria della Nada. Infatti si limitò ad esprimere un giudizio molto lusinghiero (ma non troppo!) definendoli come versi di fresco giardino, a sottolinearne la vena ancora imberbe e non compiuta di Lalla Nada.Lo scambio epistolare tra Oliva e Lalla Nada rappresenta una miniera da cui trarre informazioni biografiche sulla poetessa marchigiana. Infatti la Nada fornisce all’interlocutore molte notizie con riferimenti alla sua sfera privata, mantenendo sempre un stile garbato, elegante, ma confidenziale.La raccolta Versi (1905) costituisce il libro d’esordio della Vicoli-Nada e contiene elementi delle letture della poetessa che sono la testimonianza della sensibilità dell’epoca primo novecentesca che si rifà al tardo classicismo (di stampo carducciano), al realismo non esasperato e al crepuscolarismo di Sergio Corazzini. La poesia di Lalla Vicoli Nada ondeggia, dunque, tra i motivi classicheggianti dell’ultimo Ottocento, quelli realisti dei poeti del primo Novecento per inserirsi nei meandri della poesia crepuscolare. I temi ricorrenti nella raccolta poetica di Lalla Nada sono quelli dell’amore, del dolore, del ricordo, della vita che fugge inesorabilmente, del rimpianto, che si rifanno alla poesia leopardiana, suo conterraneo e che rifuggono i temi caratteristici, invece, della poesia dannunziana dove predominano temi dell’amore femmineo, della bellezza e dei colori della natura. Il testo Versi si suddivide in due sezioni: la prima parte Canzoni dell’Aprile velato (pp.33-66), presenta un sottotitolo Crepuscolo grigio, che diventerà una sorta di “manifesto” poetico della Nada e il leitmotiv della poesia italiana del primo Novecento, come evidenziò in un articolo apparso su “La Stampa” il 10 settembre 1910, Giuseppe Antonio Borgese, una poesia stanca, spenta, priva di vitalità. Se leggiamo i testi poetici contenuti nella prima parte dei Versi ci accorgiamo, ad occhio nudo, come i temi crepuscolari vengono aulicizzati ed esasperati nella loro dimensione: termini come atmosfera spenta (Cade la pioggia, cade in ritmo lento:/ piangono le vetrate,/ piange il tetto, la gronda e tace il vento), vaga malinconia, la stagione che muore, il giorno che muore, le foglie che cadono (Dice al ramo la foglia: Addio mi chiama/per portarmi con se lontano) ed anche (Van le speranze mie sull’ali dei venti/vanno laggiù lontano/d’un autunno precoce/come foglie cadenti), le imposte socchiuse di una casa, la stanza vuota (Come gentil di te parla ogni cosa/qui ne la stanza desolata e vuota/e la gemente voce misteriosa/ invoca te lontana) fanno da corollario alle strofe lalliane mettendone in evidenzia di motivi di una poesia che guarda al tramonto. Nella seconda sezione intitolata La canzone dei vent’anni (pp.67-139), invece, si assiste ad un’inversione di tendenza della poesia di Lalla Nada, che “abbandona” i motivi crepuscolari che caratterizzano la parte iniziale della sua raccolta di liriche per dedicarsi ad una poesia più intimistica dove predominano motivi legati alla sua sfera personale e privata. Infatti ai termini propri della poesia crepuscolare fanno da contraltare nella seconda parte del libro espressioni gioiose, pace, quadretti domestici (nozze, ritratto paterno, fratelli, spose), colori, (rosso), fiori, piante, natura rigogliosa, volatili (rondini, lucciole) sole, luce, feste e ricorrenze (Un brindisi di Natale, Sabato santo) tutti vocaboli non presenti, invece, nella prima sezione dei Versi, d’impronta bensì’ crepuscolare. Analizzare e studiare il percorso poetico di Lalla Nada significa conoscere meglio la poesia del primo Novecento italiano poco affrontato dalla critica coeva. «Il recupero della poesia di Lalla Nada – scrive Oliva – ha naturalmente bisogno di un’indagine più accurata di questo primo avvio di lettura. In ogni caso è certo che siamo dinanzi ad una voce autentica che arricchisce il panorama del primo Novecento, che aiuta peraltro a ripercorre alcune fondamentali coordinate del fenomeno del crepuscolarismo allargato e diffuso più di quanto si creda e si conosca in un articolato e dettagliato quadro geo-storico» (p.22).